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Whatever it takes

E così, nel giro di 10 anni, ci ritroviamo in casa il secondo governo tecnico, e cioè un governo composto – almeno nelle intenzioni – da persone scelte al di fuori della politica attiva. Espressione, questa, un po’ vaga, tenuto conto del fatto che in tutti e due i precedenti governi tecnici (Dini nel 1995 e Monti nel 2011) alcuni dei componenti facevano politica prima di assumere l’incarico di governo, continuarono a farla durante munere e la proseguirono ancora più attivamente conclusa l’esperienza governativa.

Al di là della forma, resta il fatto che tutti i governi “tecnici” partono dagli stessi presupposti e scontano le stesse dinamiche: da una parte una crisi in grado di generare incertezze e paure diffuse (nel 1995 la crisi valutaria, nel 2011 quella del debito pubblico, ora la crisi sanitaria), dall’altra un panorama politico in profondo cambiamento (nel 1995 Mani Pulite, nel 2011 il tramonto dell’era Berlusconi, oggi ciò che resta dell’anti-politica dei Cinque Stelle unitamente all’anti-europeismo della destra).

In altri termini, le condizioni ideali per spingere gli italiani ad auspicare a gran voce l’arrivo di una squadra di Eroi che, pur se privi di legittimazione elettorale, siano in compenso depositari di verità assolute, e destinati a trionfare laddove la politica ha fallito più o meno miseramente. E infatti, ammesso e non concesso che i dati riportati dai media corrispondano al vero, oggi 7 italiani su 10 sembrano gradire il governo tecnico appena insediatosi.

Poco importa che gli Eroi chiamati al salvataggio della Patria abbiano lasciato ricordi sbiaditi (chi ricorda l’operato del Governo Dini?) o negativi (chi non ricorda l’operato del ministro Fornero?): di fronte alla paura, all’incertezza, alla crisi, gli italiani sono sempre pronti a ripararsi sotto l’ombrello salvifico della tecnica, anche a costo di perdere la propria libertà politica.

Viene a questo punto naturale ricordare le parole di Ernst Jünger, uno dei più importanti scrittori tedeschi del Novecento (non foss’altro perché insignito del Premio Goethe), secondo cui “è un fatto storico che i rapporti tra i progressi dell’automatismo e quelli della paura sono molto stretti: pur di ottenere agevolazioni tecniche, l’uomo è infatti disposto a limitare il proprio potere di decisione”.

Che sia proprio questo il significato del “Whatever it takes”?