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Sangue e arena

Il metodo è sempre lo stesso. Agitare il drappo rosso davanti al toro per distrarlo, mentre i picadores lo tormentano sfiancandolo, e poi finire la bestia con il colpo di grazia.

Metodo che, applicato alla situazione attuale, vuol dire: agitare davanti al pubblico lo spauracchio delle zone colorate e dei relativi lockdown, criminalizzare chi ha scelto di non vaccinarsi e poi tirare fuori dal cilindro la soluzione preconfezionata, e cioè recludere in casa i non vaccinati.

Così criminalizzata la minoranza, tutti saranno contenti: i vaccinati di andare al cinema o a cena fuori e i ristoratori di fare cassa.

E poco importa se queste misure non hanno alcun fondamento scientifico. Tanto, ormai, tutti hanno capito che la gestione politica del Covid è, appunto, politica – e non scientifica.

Nessuno si chiede, infatti, se il cosiddetto vaccino immunizzi davvero le persone o se, invece,  attenui semplicemente gli effetti della patologia da Cov-Sars-2; nessuno si chiede se i vaccinati siano in grado di trasmettere il virus, al pari dei non vaccinati; nessuno si chiede perché, se il vaccino non funziona o non funziona come dovrebbe, sia necessaria a tutti i costi la terza dose o, addirittura, sia necessario introdurre l’obbligo vaccinale; nessuno si chiede perché i termini “prevenzione” e “cura” siano svaniti come per incanto dal vocabolario medico; nessuno si chiede perché il presunto vaccino costituisca il limite apparentemente insuperabile di tutte le energie messe in campo dalla scienza in due anni di lotta contro il Covid.

Nessuno se lo chiede perché tutti sanno che si tratta di domande prive di risposta. Terrorizzati dalla minaccia di morte agitata come un drappo davanti ai loro occhi per due anni di fila e ipnotizzati dal messaggio salvifico rappresentato dal “vaccino”, gli italiani – semplicemente – hanno smesso di pensare.

E così, tenuto anche conto del fatto che i dati “scientifici” sono sempre più incerti e controversi, che vengono presentati come materia riservata agli addetti ai lavori e che di “scienza negoziata” non si parla più da almeno un decennio, gli italiani si dimenticano di chiedere, ad esempio, perché l’FDA statunitense ha impiegato solo 108 giorni per analizzare pregi e difetti del vaccino Pfizer, chiedendo però 56 anni (fino al 2076; avete letto bene: 2076) per diffondere presso il pubblico i risultati delle analisi così condotte.

Altrettanto significativo è rilevare che questa operazione di ipnosi collettiva viene condotta nel più assoluto dispregio di quei principi di bioetica e di biodiritto che dovrebbero essere rivalutati perché in grado di fornire gli strumenti utili a contrastare la deriva in atto.

A parte i noti principi di beneficenza, non maleficenza e giustizia, andrebbe ricordato, ad esempio, il “principio del primato dell’essere umano”, faticosamente codificato dalla Convenzione di Oviedo sulla biomedicina, che antepone il “benessere e l’interesse dell’essere umano” a quello della “sola scienza e della società”: ciò che da solo servirebbe a invertire la narrazione corrente in ordine al preteso dovere etico di vaccinarsi e al preteso primato dell’interesse collettivo sul diritto individuale alla salute. E a quanti volessero ricordare che la Convenzione non è in vigore in Italia, basterà replicare che analoga impostazione sistematica è condivisa dall’art. 32 della Costituzione italiana, che antepone il diritto individuale alla salute rispetto all’interesse della collettività.

Per tacere del bias tra principio di precauzione e principio di prevenzione, che, laddove emergessero evidenze scientifiche definitive in merito alla nocività dei vaccini, servirebbe a richiamare anche il legislatore a più precise responsabilità e, finalmente, a interventi normativi che anticipino – e non seguano – quelli di un Governo che rappresenta solo sé stesso.

Certo, è molto più facile aizzare la folla contro quanti dubitano della bontà della gestione politica del Covid (che i media si affrettano a definire, indifferentemente, no-vax o fascisti), piuttosto che fornire risposte alle domande di cui sopra.

Ma non sarà continuando a ignorare questi e altri interrogativi che l’affaire Covid si risolverà per il bene di tutti: o, se preferite, visto che si tratta di un’espressione in voga, nell’interesse della collettività.