Da quanto tutti (o quasi) si sono scoperti giudici ed esperti di biopolitica, totalitarismo, geopolitica, strategia e conflitti armati internazionali, il silenzio è diventata una scelta praticamente obbligata.
Anche se poi finisco per pentirmene: perché in vita mia non ho mai perso l’occasione per mandare pubblicamente a quel paese gli ipocriti, i pavidi e i collusi. E quindi mi mordo le labbra di fronte a notizie, propalate da giornalisti e media cerchiobottisti poiché funzionali alle solite lobby, che prima accusano il gruccione di essere la causa principale della strage di api di cui si parla da anni e poi salutano con entusiasmo il ruolo salvifico svolto dall’AI e dalla robotica in questo campo. Ovviamente, che la strage di api sia causata non da un uccelletto, ma dall’uso massiccio di diserbanti e fitofarmaci neurotossici – organici ai circuiti tecno-finanziari che hanno generato l’AI e la robotica – è cosa rimessa alla fervida immaginazione dei soliti complottisti.
Api a parte, un’altra notizia sfuggita ai tuttologi del post-Covid è la seguente: secondo il Piano strategico nazionale delle aree interne (PSNAI), adottato nel marzo 2025 dal Dipartimento per le politiche di coesione (sic!) e per il Sud della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la metà dei comuni italiani è condannato a un declino inevitabile e, soprattutto, irreversibile, rispetto al quale ogni sforzo pubblico è ormai ingiustificato.
Insieme all’eutanasia di Stato dei singoli individui, che fatalmente deriverà dalla legge sul fine-vita su cui si sta spensieratamente lavorando in Parlamento, arriva così l’eutanasia dell’identità nazionale, del territorio e del Paese, con buona pace del sovranismo in cui credono ancora gli elettori di destra.
Chissà perché ai tuttologi di cui sopra in culo entra e in testa no.