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#oggiamedomaniate

Il Presidente in carica degli Stati Uniti d’America è stato estromesso da tutti i social network, a livello mondiale.

Dopo l’assalto a Capitol Hill da parte di alcuni supporters di Trump, infatti, i proprietari dei social network più influenti, da Facebook a Twitter a Youtube, hanno tuonato contro il Presidente, oscurandone gli account.

E così, quello che dovrebbe essere l’uomo più potente – e influente – del pianeta, ha finito per essere silenziato da alcune società private di comunicazione.

Che poi queste società siano anche riuscite a condizionare e a manipolare le dinamiche politiche statunitensi, oltreché buona parte dell’opinione pubblica mondiale, è solo una coincidenza.

Oppure no? Vediamo.

Prendiamo ad esempio il signor Zuckerberg, proprietario di Facebook, che ha giustificato il suo operato affermando di agire in difesa dei principi democratici americani.

Non sarebbe elegante, in questa sede, ricordare che si tratta dello stesso Zuckerberg che, pochi anni or sono, rimase coinvolto nello scandalo di Cambridge Analytica (quello, cioè, che fece emergere i collegamenti tra la compravendita dei dati personali raccolti su internet e i risultati di alcune operazioni elettorali).

Né sarebbe elegante sostenere che il signor Zuckerberg potrebbe avere agito come ha agito solo in ragione di alcune vecchie pendenze con l’amministrazione Trump (dal contenzioso fiscale a quello concernente la discriminazione del personale).

Ma può senz’altro valere la pena di chiedersi se il signor Zuckerberg (al pari dei suoi colleghi) ritenga di poter sostituire impunemente, tra l’indifferenza generale, il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti – che garantisce la libertà di espressione a tutti i cittadini -con i “termini e le condizioni d’uso” di Facebook.

Sembrerebbe proprio di sì, almeno a giudicare dall’entusiasmo con cui tanti osservatori che si piccano di essere considerati “democratici” di vaglia, su entrambe le sponde dell’Oceano, hanno salutato quella che in realtà non è altro che una pura e semplice operazione di censura.

E, già che ci siamo, potremmo anche chiederci come mai soggetti economici distinti e separati, almeno in apparenza (Facebook, Twitter, Youtube, Amazon e altri ancora), seguano strategie uniformi o comunque convergenti. Che si tratti di quella “intelligenza collettiva” teorizzata fin dal 1785 da Nicolas de Condorcet? O, più probabilmente, del preludio alla “normalizzazione” dei social network, in nome e per conto di diffusi interessi liberisti e globalizzanti?

Ovviamente, e in conclusione, tutta questa vicenda non fa che confermare l’attualità della celebre citazione, generalmente attribuita a Voltaire, che recita: “Non sono d’accordo con le tue idee, ma lotterò fino alla morte per difendere il tuo diritto di esprimerle”. Che, in questo caso, fa scopa con l’altrettanto nota epigrafe sepolcrale cristiana, ripresa dall’Ecclesiaste (38, 23), che recita: “Hodie mihi, cras tibi” (e cioè, oggi a me, domani a te).

Oggi è toccato alle idee di Trump. Domani, vedremo.