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Lo stadio di Fanfani

Che il nuovo stadio di Pietralata si farà anche a dispetto di aree verdi, boschi, istrici, tartarughe ed eventuali preesistenze romane (ma vuoi che, scavando scavando, qualcosa non salti fuori?) l’hanno capito, ormai, anche le pantegane del Tevere: tant’è che il sindaco della Capitale, mio collega di Ateneo, può permettersi di gettare alle ortiche ogni pudore e di affermare con beata sicumera che una colata di 154.000 metri cubi di cemento costituisce una “occasione di rigenerazione” del territorio (sic!).

E non potrebbe essere diversamente, in un Paese che ha fatto del cemento e del consumo del suolo (100.000 ettari ogni anno) una specie di religione sincretisticamente abbracciata da tutti i partiti che sono stati, sono o saranno al governo. E’ dai tempi del Piano Marshall che si avanti così: buona parte degli oltre 1.200 milioni di dollari (di allora) destinati all’Italia post-bellica dagli Stati Uniti d’America furono fagocitati dal Piano Fanfani/Ina-Casa, che per la prima volta inondò di cemento un paesaggio rimasto praticamente immutato dal tempo dei Romani e alterò definitivamente la fisionomia del Bel Paese (tanto per memoria, tra il 1949 e il 1963 furono aperti 20.000 cantieri in oltre 5.000 comuni italiani e furono costruiti 2 milioni di nuovi vani, pari a oltre 355.000 nuovi alloggi, il tutto con la modica spesa di circa 700 miliardi di lire di allora).

La portata degli appetiti scatenati dalla speculazione sul valore di terreni che, fino agli anni Cinquanta, avevano finalità esclusivamente agricola, è coraggiosamente rappresentata da un film di Francesco Rosi, “Le mani sulla città”, distribuito proprio nell’anno in cui si concludeva il Piano Fanfani e nasceva, più o meno ufficialmente, il “partito del cemento”.

Chissà se alludono a questo gli oppositori dello stadio di Pietralata, quando denunciano una “sudditanza psicologica” della giunta capitolina rispetto a non meglio precisati “interessi privati e politici”. E chissà cosa pensa di tutto ciò il proprietario della squadra di calcio direttamente interessata alla costruzione dello stadio, lo statunitense Dan Friedkin che, sui social, ci tiene a passare per un amante della natura “molto attivo nella conservazione della fauna selvatica”, dal Texas alla Tanzania: ma, evidentemente, la Pietralata di Roma Est, con i suoi pratoni pasoliniani dove vivono istrici, volpi, fagiani, tartarughe e falchi, non è sufficientemente selvaggia.

A questo punto, intitolatelo direttamente a Fanfani, ‘sto stadio.