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La terapia gender

«Una giornata storica per la scienza e la medicina»: così il CEO di un colosso farmaceutico saluta l’approvazione, da parte delle autorità regolatorie del Regno Unito, di una terapia di editing genetico finalizzata alla cura di determinate patologie, tra cui l’anemia falciforme.

Prima autorizzazione in assoluto di una terapia genica basata sulla tecnica di editing nota come CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, per la quale nel 2020 è stato assegnato il Premio Nobel per la chimica), la terapia in questione permetterebbe di modificare le cellule staminali ematopoietiche in modo tale da produrre livelli elevati di emoglobina fetale nei globuli rossi: questa forma di emoglobina sarebbe a sua volta in grado di trasportare ossigeno e di rimpiazzare, così, la forma adulta di emoglobina che è difettosa nei pazienti affetti dalle patologie interessate.

Se siete riusciti a leggere fin qui, probabilmente vi chiederete perché, di fronte a questi stupefacenti sviluppi della scienza biomedica, io mi ostini a usare il condizionale e a instillare nel lettore il dubbio che la tecnica CRISPR e la terapia genica da essa derivata potrebbero non essere (ancora il condizionale) la meraviglia che molti si aspettano.

Andando per gradi non è difficile rispondere a questa domanda. Anzitutto ricordatevi dell’eugenetica, ossia degli esperimenti condotti nei campi di concentramento nazisti allo scopo di selezionare, con le tecniche dell’epoca, determinate caratteristiche genetiche. Ora pensate alle potenzialità di tecniche ultra raffinate come la CRISPR, che utilizza una specie di forbice molecolare in grado di  tagliare e cucire specifici tratti di DNA. E ora pensate che questo taglia e cuci venga utilizzato per eliminare o, al contrario, per rafforzare determinate caratteristiche genetiche responsabili non solo di patologie, ma anche – secondo quanto afferma il progresso delle neuroscienze – di comportamenti individuali e/o socialmente rilevanti.

Cominciate ad afferrare l’idea? Altro che “eugenetica positiva”, come si dice pudicamente da anni per cancellare i fantasmi del passato e sdoganare il mercato dei designer baby. Qui si tratta di intervenire sulle caratteristiche genetiche di individui adulti e di manipolare, nel corso della vita, gusti, tendenze, stili di vita e orientamenti, in ipotesi anche sessuali.

Chissà se i sostenitori di certe battaglie libertarie hanno pensato a quest’aspetto della faccenda.