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La politica del vaccino

Tipica del metodo italiano di fare informazione è la perfetta contrapposizione di notizie relative al vaccino anti-Covid (che poi vaccino non è), che due blockbuster dei media hanno fornito in queste ore: per l’agenzia di stampa Adnkronos, la Cina ammette apertamente l’inefficacia del vaccino e pensa ormai a un non meglio precisato “piano B”; per il Corriere della Sera, invece, la riduzione dei contagi in Italia – calcolata in base a fonti e a cifre come al solito nebulose ma allo stesso tempo inconfutabili, pena l’accusa di “negazionismo” – deriverebbe proprio dal successo della campagna vaccinale.

Del resto, a differenza del giornalismo anglosassone (fondato sulla regola aurea “Facts not Words”), quello italiano è tutto un ciacolare di opinioni e illazioni, deduzioni e controdeduzioni, tizio ha detto, caio ha risposto, secondo la logica del “Mamma! Ciccio mi tocca (toccami Ciccio che mamma non c’è)”. Logica che garantisce non solo e ovviamente la sopravvivenza del circo mediatico, ma anche quel necessario grado di disinformazione faziosa e fuorviante che, a sua volta, è strumentale alla salvaguardia degli interessi dei poteri forti e del loro “diritto” di ingerenza nella gestione della res pubblica.

E’ un vero e proprio circolo vizioso: i media stimolano la propensione degli italiani al campanilismo, alla partigianeria e, perché no, alla dietrologia; e gli italiani, per la gioia dei media, ricambiano riconducendo qualunque evento, di qualsiasi specie, al confronto politico, come era facile prevedere succedesse anche per la pandemia da Covid. Lo confermano le recenti parole del Ministro della salute, il quale, rispondendo agli attacchi dei suoi avversari politici, non si erge in piedi per difendere, che so, l’efficienza del sistema sanitario da lui diretto o l’efficacia del vaccino in questione, ma si limita a ribattere enigmaticamente, da consumato politico di razza (italica),  “Sbaglia chi fa politica sull’epidemia”.

Avere buttato il Covid in politica, comunque, un merito ce l’ha: e cioè quello di avere aperto gli occhi di tutti, anche dei più pavidi e dei più collusi, sul fatto che dietro la gestione di questa “emergenza sanitaria” si cela qualcosa. Che certamente non è la tutela della salute pubblica.