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I Fantastici Pronipoti

Chi non ricorda i Jetson e il loro simpatico mondo fatto di tutine spaziali ye-ye, astronavi parcheggiate nel garage di casa e cibo in pillole? In quella rappresentazione del futuro ha creduto un’intera generazione, quella dei baby boomers nati tra il 1946 e la metà degli anni Sessanta: un futuro fantastico, nel senso letterale del termine, perché fatto di bizzarre invenzioni e docili tecnologie, tutte addomesticate dell’uomo.

Ma i Jetson (creati nel 1962 dalla fantasia di Hanna & Barbera e noti in Italia come I Pronipoti) costituiscono in fondo un’eccezione alla regola del futuro rappresentato secondo canoni post-apocalittici, come sancito dalla letteratura contemporanea e dal cinema.

Tralasciando l’incubo nucleare (ma varrebbe la pena di rivedere almeno un film di Stanley Kramer del 1959, L’ultima spiaggia, tratto dall’omonimo romanzo di Nevil Shute del 1957) e dedicandoci alle conseguenze dell’inquinamento, della sovrappopolazione e della scarsità di risorse, non può farsi a meno di ricordare La Peste Scarlatta (The Scarlet Plague) di Jack London (1876-1916), pubblicato nel 1912 e uscito in Italia, per la prima volta, nel 1926. In questo romanzo London immagina come, nell’anno di grazia 2013, la quasi totale scomparsa del genere umano – causata da un morbo sconosciuto – sia preceduta dall’ascesa di una plutocrazia destinata a diventare ereditaria, Il Consiglio dei Magnati dell’Industria, che governa un mondo sovrappopolato e sempre più povero di risorse (8 miliardi di persone, stimava London nel 1912, azzeccandoci in pieno).

Più i cinquant’anni dopo, nel 1966, Harry Harrison (1925-2012) pubblica Largo! Largo! (Make Room! Make Room!), dove la parola “room” è utilizzata, come in La Peste scarlatta, per indicare la mancanza di spazio e dove il morbo sconosciuto vaticinato da London diventa, fatalmente, l’intera umanità: “E la popolazione raddoppia, e raddoppia ancora, e continua a raddoppiare. Sempre più velocemente. La gente è una epidemia, un flagello che infesta il mondo”, afferma Harrison nel suo romanzo.

Tra London e Harrison si inseriscono altre letture, come dire, obbligatorie. Prima tra queste è sicuramente Il mondo nuovo (Brave New World) di Aldous Huxley (1894-1963), pubblicato nel 1932, in cui l’autore immagina un mondo retto da dieci Controllori, rigidamente diviso in caste (l’appartenenza alle quali determina il ruolo e il successo sociale di ogni individuo), dove la riproduzione umana è ormai interamente pianificata e selezionata mediante pratiche eugenetiche, l’educazione è sostituita da continui condizionamenti psico-fisici pre e post-natali, anche mediante l’uso di tecniche di ipnosi, e il comportamento più antisociale consiste nell’esprimere giudizi critici nei confronti degli altri e della società.

Impossibile non ricordare, poi, La fattoria degli animali (Animal Farm) e 1984 di George Orwell (1903-1950), che per inciso fu allievo di Huxley a Eton. Pubblicati, rispettivamente, nel 1945 e nel 1949, i due romanzi di Orwell descrivono in maniera così efficace i meccanismi di controllo totalitario che il termine “orwelliano” è, oggi, sinonimo delle infinite possibilità di manipolazione psicologica di cui dispongono le tecnocrazie. Egualmente obbligatorio è ricordare Fahrenheit 451 di Ray Bradbury (1920-2012), pubblicato nel 1953, in cui il regime dittatoriale di turno vieta il libero pensiero e impedisce di possedere e leggere i libri, che vengono puntualmente dati alle fiamme (da cui il titolo del libro) da un apposito corpo di polizia.

Alle letture ricordate potrebbe abbinarsi, in questi tempi di lockdown, la visione di una serie praticamente sterminata di film, alcuni dei quali tratti dai libri citati. Sono tanti, forse troppi, ma vorrei ricordarne almeno uno, e cioè 2022: i sopravvissuti (Soylent Green) di Richard Fleischer, che porta sullo schermo, nel 1973, Largo! Largo! di Harrison. Nel film, il problema della sovrappopolazione mondiale e della scarsità di cibo viene risolto, dall’Ente Supremo che governa quanto resta della civiltà umana, mediante la legalizzazione del suicidio assistito e l’introduzione di un alimento unico per tutti, il Soylent Green, apparentemente composto da plancton, ma in realtà fabbricato, come scoprirà il protagonista poco prima di morire, con i cadaveri dei suicidi (quando si dice l’uovo di Colombo!).

Sì, lo so, a questo punto qualcuno si starà chiedendo dove voglio andare a parare. Ma è facile: al confronto tra i libri e i film ricordati e la situazione odierna. Plutocrazie ereditarie che spianano la strada a dittature totalitarie decise ad azzerare la libertà di pensiero e di parola, virus mortali che minacciano la sopravvivenza di un’umanità sempre più povera di risorse, soprattutto intellettuali e culturali, eugenetica ed eutanasia, fino al “cannibalismo di Stato” (e ricordatevi della Mucca Pazza).

Siamo così lontani dalla realtà di oggi? Direi proprio di no. C’è solo una differenza, sia pure macroscopica: se io oggi dicessi o scrivessi quello che hanno detto e scritto London, Huxley, Orwell, Bradbury e Harrison, inevitabilmente passerei per antiscientista, complottista e negazionista.

E’ proprio vero che si stava meglio quando si stava peggio.