Per esigenze puramente espositive, utilizzeremo in questa sede l’espressione homo oeconomicus per indicare quella categoria di esseri umani che inorridiscono davanti a tutto ciò che rischia di intaccare il loro profitto, ovvero – ma in fondo è lo stesso – gli interessi economici delle lobby che li stipendiano.
E cercheremo di spiegare perché l’homo oeconomicus sta spendendo tante energie per affondare il disegno di legge sull’agricoltura biologica, al momento all’esame della Camera dopo le modifiche apportate dal Senato, disegno di legge che accenna incidentalmente anche all’agricoltura biodinamica e che per questo motivo è stato strumentalizzato e tacciato di oscurantismo anti-scientista, neanche comportasse, come qualche buontempone ha lasciato intendere, il sostegno dello Stato a pratiche di magia nera.
Per l’homo oeconomicus, la prima colpa dell’agricoltura biologica è quella di fare leva su concetti quali la qualità del suolo, la tutela della biodiversità, la sicurezza alimentare e il benessere animale, mentre il primo, vero e unico obiettivo delle lobby di cui l’homo oeconomicus è espressione consiste invece nel produrre, produrre e produrre sempre di più, sfruttando fino ad impoverire al massimo ogni centimetro quadrato di superficie agricola utilizzabile, per vendere, vendere e vendere sempre di più, secondo quella che una volta si chiamava “agricoltura di rapina” e che oggi, pudicamente, si chiama “agricoltura intensiva”.
Gli effetti di questa agricoltura sono noti fin dagli anni Trenta e, chi non li conoscesse, vada a vedersi su internet le foto delle nuvole di polvere (i “Dust Bowls”) che, oscurando il cielo per migliaia di chilometri, trasportavano fino all’Oceano Atlantico ciò che restava dell’humus coltivabile delle grandi pianure del Midwest, disseccato da anni di monocultura intensiva (oppure, se preferisce, vada a rileggersi Furore di Steinbeck).
Del resto, cosa può importare all’homo oeconomicus dell’ambiente, del territorio e del paesaggio, come anche di conoscenze, tradizioni e identità millenarie? Tutti valori vaghi ed evanescenti e, soprattutto, privi dell’unico valore caro all’homo oeconomicus: il valore di mercato.
Per ovvie ragioni d’immagine, però, l’homo oeconomicus non può essere così esplicito nel sostenere e propagandare le sue idee. Ed eccolo, quindi, diversificare strategie e strumenti d’azione.
In Parlamento, l’homo oeconomicus pronuncia discorsi altisonanti a sostegno del progresso, della modernità e dell’innovazione tecnologica. Quella stessa innovazione che, secondo lui, dovrebbe favorire il recupero di scarti e rifiuti (ma perché non la loro eliminazione?), la depurazione delle acque contaminate mediante l’impiego di biotecnologie e nanoparticelle (ma non sarebbe meglio evitare di contaminarle, queste acque?), l’utilizzo di serre automatizzate che assicurino, anche in pieno inverno, fragoline di bosco ad un pubblico affannosamente impegnato a soddisfare bisogni irreali, artatamente indotti dagli stimoli della pubblicità (e chi se ne frega della rotazione delle colture in funzione delle varietà stagionali).
Ma lo scranno parlamentare può essere utilizzato dall’homo oeconomicus anche come un banco da ragioniere, per dimostrare, conti alla mano, che il biologico è troppo costoso, visto che la moderna agro-industria è in grado di far arrivare sulla tavola dei consumatori una bella busta di plastica d’insalata (o, se preferite, una bella busta d’insalata di plastica) sotto forma di offerta imperdibile, “solo per oggi”, a 0,99€. Che poi quell’insalata – tenuto conto delle diseconomie esterne – costi in realtà 10€ al chilo, mentre un cespo biologico ne costa mediamente 4, è un’altra storia.
Fuori dal Parlamento, invece, l’homo oeconomicus affida il suo messaggio ai suoi migliori alleati, che sono sul libro-paga delle stesse lobby che lui rappresenta: i media.
Quegli stessi media che da anni puntano tutto su becere strategie comunicative che, ad esempio, etichettano il fondatore dell’agricoltura biodinamica, Steiner, come “noto anti-vax”, evidentemente allo scopo di solleticare l’emotività di un pubblico ormai da mesi abituato a colpevolizzare chiunque respinga, o discuta, il vaccino anti-Covid. Senza aggiungere, ovviamente, che Steiner è morto nel 1925, appena un attimo prima dello scoppio dell’attuale emergenza sanitaria.
Quegli stessi media che in nome di evidenze scientifiche incerte e contraddittorie, ma spacciate per definitive e inconfutabili – pena l’accusa di negazionismo – stigmatizzano agli occhi dell’opinione pubblica il sostegno dello Stato all’agricoltura biologica, come se fosse un delitto coltivare lontano dalle fonti d’inquinamento, preferire prodotti fitosanitari ecocompatibili, puntare sulla sostenibilità ambientale, promuovere la formazione professionale su questi temi anche al fine di favorire la conversione delle aziende convenzionali, incentivare il consumo di prodotti biologici nella ristorazione pubblica e privata.
Quegli stessi media, infine, che enfatizzano le dichiarazioni dell’homo oeconomicus secondo cui tutto ciò che è tradizione, in agricoltura, deve essere superato e lasciato dietro le spalle, in nome della grande distribuzione, che è l’unica cosa che paga davvero: soprattutto lui e le sue lobby.
Che poi l’homo oeconomicus, e i media suoi alleati, menta spudoratamente su tutta la linea, sapendo di mentire, è confermato dal fatto che – tanto per metterci al suo livello e parlare di soldi – il fatturato del biologico in Italia e nel mondo è innegabilmente in ascesa: cosa che, se da una parte fa apparire ancora più singolare la scelta del Senato di cancellare dal disegno di legge ogni riferimento alla rilevanza nazionale dell’agricoltura biologica, dall’altra potrebbe suscitare gli appetiti dello stesso homo oeconomicus e indurlo, prima o poi, a rivedere le sue posizioni in materia, magari per sviluppare nuove strategie di “green-washing” da applicare ai prodotti dell’agricoltura industrializzata.
Perché, se è vero che pecunia non olet, l’homo oeconomicus sa bene che il glifosato utilizzato a pioggia dall’agro-industria biotech non intacca la pecunia: la lucida.