Forse è inevitabile che un governo insediatosi grazie a manovre di palazzo, che non rappresenta la volontà elettorale, che è tecnocratico, liberista e globalista fino al limite cui può esserlo un governo portabandiera delle strategie mercantilistiche dell’Unione europea, che viene fatto passare – con una parola salvifica – come “tecnico”, voglia imporre ai cittadini un vaccino che rappresenta e riassume gli interessi di Big Pharma e che si presta a diventare il principale strumento di totalitarismo biopolitico globale.
Come è forse inevitabile che un governo del genere tenti di legittimare queste manovre chiamando a coorte “scienziati” di diversa estrazione (biologi, medici, giuristi), ma di identica vocazione salottiera.
Che poi il governo in questione tenti di convincere i cittadini della bontà di queste manovre per il tramite di media asserviti, perché pilotati dagli stessi conglomerati finanziari che controllano tanto i circoli scientifico-accademici quanto i talk-show televisivi, è forse ancora più inevitabile.
Ma se anche tutto ciò è inevitabile, perché viene fatto passare come tale, può essere utile ricordare che:
- I vaccini anti-Covid sono stati autorizzati “in via condizionata” dall’Unione europea, per un anno, ai sensi della disciplina introdotta dal regolamento n. 507/2006, che giustifica l’immissione in commercio di farmaci anche in assenza di dati clinici completi in merito all’efficacia e alla sicurezza dei farmaci medesimi;
- Almeno sei mesi prima della scadenza delle autorizzazioni così concesse, i titolari delle autorizzazioni avrebbero dovuto presentare domanda di rinnovo delle autorizzazioni medesime, fornendo i dati clinici richiesti dalla disciplina europea, domanda che non sembra essere stata presentata;
- Dal prossimo autunno dovrebbero essere disponibili terapie che, fornendo una risposta terapeutica al Covid, faranno venire meno uno dei presupposti richiesti dalla stessa Unione europea per il rilascio delle autorizzazioni condizionate;
- L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale distinta e separata dall’Unione europea) ha raccomandato, fin dal gennaio scorso, che il vaccino non fosse reso obbligatorio;
- Anche la stessa Unione europea si è affrettata ad adottare, nel giugno scorso, un regolamento (il n. 953/2021, relativo all’EU Digital Covid Certificate), il cui preambolo afferma la necessità di evitare la discriminazione diretta o indiretta dei soggetti che “hanno scelto di non vaccinarsi”;
- A tutt’oggi, in Italia, nessun cittadino può essere obbligato a vaccinarsi, in ragione del fatto che la condizione a tal fine stabilita dall’art. 32, secondo comma, della Costituzione (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”) non è stata soddisfatta, eccezion fatta per gli esercenti le professioni sanitarie, obbligati a vaccinarsi – in deroga al principio generale del consenso informato sancito fin dal 1947 dal Codice di Norimberga – in forza del Decreto Legge 1° aprile 2021, n. 44, adottato dal governo e convertito dal Parlamento nella legge 28 maggio 2021, n. 76.
Proprio il metodo cosiddetto emergenziale che ha portato alla adozione e alla successiva conversione del Decreto Legge n. 44/2021 andrebbe posto all’attenzione della Corte costituzionale, perché l’art. 32, secondo comma, della Costituzione chiama evidentemente in causa l’operato di un Parlamento che adotti una legge ordinaria dello Stato al termine di un dibattito pubblico realmente informato, obiettivo e consapevole; e perché, in ogni caso, gli atti normativi (quali sono le leggi ordinarie) devono avere portata generale e astratta, e cioè devono rivolgersi a destinatari non individuati né individuabili: condizione che difficilmente può ritenersi soddisfatta nel caso delle professioni sanitarie, i cui appartenenti costituiscono comunque un numero finito.
Analoghe perplessità suscitano le disposizioni sul Green Pass adottate giovedì 5 agosto dal Governo, ancora sulla scorta di un provvedimento emergenziale, nella misura in cui surrettiziamente spingono larghe porzioni di cittadini, nonché ulteriori, specifiche categorie professionali (i docenti delle scuole e delle università) verso la vaccinazione di massa, considerato che anch’esse costituiscono una possibile violazione del diritto alla salute, come inteso dall’art. 32, secondo comma, della Costituzione, e di altri diritti e libertà fondamentali garantiti dalla Carta costituzionale.
Va infine ricordato che tanto la disciplina sull’obbligo vaccinale degli esercenti le professioni sanitarie quanto quella sul Green Pass si pongono idealmente in contrasto con i contenuti della citata risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che esclude l’obbligatorietà della vaccinazione: è vero che la risoluzione non dispiega efficacia giuridica vincolante, ma sarebbe interessante conoscere l’eventuale pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla compatibilità tra la disciplina nazionale in parola e le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, su cui si fonda la risoluzione parlamentare.
E, con la nuova accelerazione impressa a questa vicenda dalla disciplina governativa sul Green Pass, l’impressione è che la Corte europea dei diritti dell’uomo dovrà prendere, prima o poi, posizione sull’argomento.