Che il Papa parli a ruota libera d’ambiente – come ampiamente riportato dai media in questi giorni – ben venga. Ma che il ministro dell’ambiente non lo faccia mai, è un po’ strano, non vi pare? (e del resto: quanti sanno che esiste davvero un ministero dell’ambiente, nel governo attualmente in carica?).
Si dirà: con l’aria che tira, e con tutte le emergenze in atto, chi ha voglia di pensare all’ambiente? Sbagliato. Perché è evidente che tutte, ma proprio tutte le emergenze in atto, dal Coronavirus alla Xylella degli olivi, dalla leucemia dei bambini di Taranto alla estinzione di migliaia di specie viventi ogni anno, dalle isole di plastica galleggianti negli oceani ai cambiamenti climatici (a proposito, caldina questa estate, no?), tutte queste emergenze, dicevo, dipendono solo da una cosa: e cioè da quanto poco ce ne frega dell’ambiente.
Il problema è ovviamente globale, ma come al solito il nostro Paese ha un modo tutto suo per affrontarlo: ad esempio, facendo partecipare i rappresentanti delle associazioni per la protezione degli uccelli agli organismi incaricati di stabilire il calendario venatorio, che è un po’ come pugnalare alle spalle colombacci e cinciallegre. Oppure aggiungendo alle competenze del ministero citato in apertura – che già stenta ad esercitare costruttivamente quelle in materia ambientale – anche le competenze in materia di tutela del territorio, dimenticando che, dal secondo dopoguerra in poi, il territorio italiano è stato oggetto di caccia libera da parte di speculatori, palazzinari e costruttori e che il “partito del cemento”, dalle nostre parti, vince sempre le elezioni (per scoprire come, andatevi a vedere, o a rivedere, un bel film di Francesco Rosi del 1963, “Le mani sulla città”).
Di fronte a tanta insipienza politica, istituzionale, gestionale, e agli interessi illeciti che si muovono sullo sfondo di queste dinamiche, spiace che Papa Francesco si sia contenuto nel denunciare i problemi ambientali e che non sia andato più in là dal ricordare a tutti noi la nostra parte di responsabilità intergenerazionale (espressione peraltro un po’ datata, che andava di moda nei primi anni Novanta).
Ben diversamente si comportò, tanto per intenderci, un suo illustre predecessore, Paolo VI, il quale, nel denunciare i rischi del neocolonialismo economico con l’enciclica “Populorum Progressio” del 1967, arrivò ad ammettere apertamente che “grande è la tentazione di respingere con la violenza (le) ingiurie alla dignità umana”.
Sono cambiati i tempi? Forse sì e forse no, ma sicuramente si sono accorciati. Un bel libro di fantascienza del 1964, scritto da Chester Anderson e Michael Kurland, si intitolava “Dieci anni all’ora X”. E oggi, quanto resta?