La ricetta è tanto antica quanto semplice: spaventare a morte qualcuno per poi fargli ingoiare qualsiasi medicina, anche la più amara, con la promessa della guarigione.
E’ passato quasi un anno da quando in Italia la Costituzione è stata di fatto sospesa dal Governo in carica, che ha preso a picconate, tra l’indifferenza generale, diritti civili, libertà individuali e procedure legislative.
Pochi, ad esempio, hanno alzato un dito per ricordare che l’art. 77 della Costituzione “in casi straordinari di necessità e urgenza” attribuisce al Governo (e non al presidente del consiglio dei ministri) il potere di adottare decreti-legge (e non DPCM), da presentarsi il giorno stesso in Parlamento per la loro conversione in legge. Pochissimi hanno saputo o voluto ricordare che i DPCM in questione (tanto celebrati dai media) non possono derogare a fonti di rango sovraordinato, quali sono le leggi ordinarie dello Stato. E quasi nessuno ha alzato la mano per ricordare l’art. 32 della Costituzione, secondo cui “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, legge che, in Italia, può essere adottata solo dal Parlamento.
Ma tant’è: in un Paese tradizionalmente legato a doppio filo all’illegalità di sistema (basti pensare alle leggi elettorali e al loro destino giudiziario), tutto ciò non costituisce certo una novità.
Andiamo oltre, allora, e proviamo a chiederci cosa potrebbe esserci al di là della deriva democratica avviata, con la gestione dell’emergenza Covid, da un Governo che nessuno ricorda di avere votato.
E qui torna utile la ricetta citata in apertura. Allora, vediamo: gli italiani conducono ormai da dieci mesi un’esistenza improntata alla paura e dominata da lockdown più o meno generalizzati, restrizioni di vario tipo, coprifuochi notturni e serali, chiusure di ristoranti, negozi, palestre e musei (anche se della chiusura dei musei se ne sono accorti in pochi), zone colorate e indici di rischio. Non solo: è ormai certo che il vaccino potrebbe non bastare per tutti o non essere efficace contro tutte le varianti del virus (e quante ce ne sono, di varianti!). Ma non basta: l’economia italiana (soprattutto quella delle piccole e medie imprese) è ormai definitivamente in ginocchio. Conclusione: lo stato d’emergenza deve continuare, e poco importa se la medicina è, e sarà, ancora più amara.
Facciamo un esempio? Il patentino sanitario per i viaggi, in favore del quale si è recentemente espressa l’Unione europea (finora grande assente nella vicenda Covid) legittimerà di fatto l’obbligatorietà del vaccino, senza peraltro comportare la necessità, per il Parlamento, di adottare quella legge richiesta dal citato art. 32 della Costituzione. Attenzione: si parte con i viaggi, ma è facile prevedere che a breve il patentino sarà invocato per accedere a tutta una serie di servizi e prestazioni, dalla serata al cinema o al ristorante all’accesso al lavoro, all’assistenza sanitaria, assicurativa e previdenziale.
Facciamo un altro esempio? La crescente dipendenza dalla tecnologia per assicurare efficaci forme di controllo di comportamenti socialmente rilevanti. Attenzione: dall’app Immuni al chip sottopelle il passo è breve e taluni già salutano con favore la nuova corporeità umana fondata sull’integrazione tra carne, metalli e silicio. No, non si tratta del solito complottismo da bar, ma dello human enhancement indotto dalla convergenza di certe tecnologie (biotecnologie, nanotecnologie, robotica, biologia sintentica, neuroscienze) e promosso, da tempo, da think tank interdisciplinari.
Facciamo ancora un esempio? L’economia è in ginocchio e c’è chi invoca, più o meno in buona fede, il MES. Attenzione: chi può davvero pensare che l’Unione europea, paladina del liberismo economico, della globalizzazione dei mercati e del capitalismo finanziario, possa avere a cuore il destino delle piccole e medie imprese italiane? Quante marchi globali già si fregano le mani all’idea di sostituirsi ai migliori ristoratori pugliesi, piemontesi o toscani e appropriarsi del businness del buon cibo e della buona cucina? E lo stesso vale, ovviamente, per tutti i settori e per tutti i mercati di nicchia (dall’agricoltura, all’arte, alla moda, alla cultura), dove, in assenza di una crisi così improvvisa e acuta, sarebbe stato difficile scalzare la presenza del know-how italiano.
Facciamo l’ultimo esempio? “Se le risorse sono scarse, decidere chi curare” dice, ineffabile, il Ministro della salute, con ciò spalancando la gabbia in cui la riflessione bioetica e biogiuridica aveva rinchiuso, a partire dal Codice di Norimberga del 1947, il mostro che vuole a tutti i costi imporre il primato della scienza e della società sull’essere umano. Attenzione: chi deciderà, signor Ministro, quando le risorse saranno scarse? Chi deciderà chi potrà essere curato e chi no? Chi deciderà il concetto stesso di cura? Quale sarà la linea di confine tra cura e intervento “migliorativo”, che aprirà definitivamente la strada alla nuova dimensione antropologica dell’essere umano?
E pensare che c’è ancora qualcuno che dice che il Covid non esiste.