Che la gestione politica dell’affaire Covid sia servita a imporre una dittatura tecno-sanitaria, cresciuta all’ombra del mercantilismo globalista, è ormai cosa nota, soprattutto ai lettori di George Orwell e di Aldous Huxley.
Forse meno noto è il fatto che quella stessa dittatura sta aprendo la strada a derive transumane e postumane che farebbero rizzare i capelli in testa ai più affezionati lettori di Isaac Asimov e di Philip K. Dick (autore, quest’ultimo, di un celebre romanzo del 1968, intitolato “Do Androids Dream of Electric Sheep?” da cui fu tratto il film “Blade Runner”).
Prove di quanto affermato ce ne sono a bizzeffe: dall’autorizzazione provvisoria e “condizionata” di un farmaco sperimentale della cui efficacia e sicurezza nulla si sa, ma che qualcuno, per esaltarne l’effetto salvifico, si ostina impunemente a chiamare “vaccino”; all’adozione di “certificazioni verdi” il cui unico scopo – per espressa ammissione degli stessi proponenti – è quello di aggirare l’art. 32, secondo comma, della Costituzione e spingere surrettiziamente gli italiani alla vaccinazione di massa.
Ultima in ordine di tempo è la prova costituita dall’adozione del Decreto Legge n. 139 dell’8 ottobre 2021, secondo cui, in deroga alla normativa sulla privacy, “il trattamento dei dati personali da parte di un’amministrazione pubblica … è sempre consentito se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti”.
Se con questa novità legislativa possiamo dare ufficialmente il benvenuto al Grande Fratello di orwelliana memoria, a quanti ci chiederanno un giorno come abbiamo raggiunto l’immunità di gregge potremo rispondere con altrettanta certezza: a pecora.